
“Mono Secular Sounds” è il nuovo album di Old Kerry McKee, l’intervista
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Si intitola “Mono Secular Sounds” il nuovo album di Old Kerry McKee ed è uscito lo scorso 23 ottobre per Icons Creaing Evil Art (distribuzione INgrooves).
Ecco l’intervista a cura di Marco Pritoni di Tuttorock.
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Ciao Joakim, prima di tutto, come stai?
Molto bene, grazie, sono libero dal lavoro qui a casa con la mia ragazza e il mio bambino piccolo che ha quasi un anno. Sto facendo un sacco di cose che mi piacciono, quindi sto davvero molto bene in questo momento.
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Comincio con una domanda facile, perché il nome Old Kerry McKee?
È una lunga storia. Torno indietro nel tempo, è stato quando ho iniziato tutto, ancor prima che registrassi alcune canzoni con chitarra e voce, pensai di scrivere una canzone e volevo darle un titolo. La canzone era più o meno come un film a proposito di un vecchio uomo, così l’ho chiamata Old Kerry McKee. Poi l’ho messa su MySpace, e ho deciso di utilizzare quel nome su quel social network, l’ho mantenuto per un po’ e questa è la storia.
Parliamo di questo nuovo album, “Mono Secular Sounds”, un mix di folk, blues, esplosioni di urli e riff black metal, quando hai scritto le canzoni?
Penso un anno e mezzo fa, ma una canzone nell’album, “Gipsy Rags”, l’ho scritta nel 2014, quindi è vecchia. Prima abbiamo registrato le canzoni e poi abbiamo dovuto mixarle e fare tutte quelle cose. Poi il disco avrebbe dovuto essere pronto per l’anno successivo, ma ormai era troppo tardi, quindi abbiamo deciso di aspettare per il materiale promozionale. L’etichetta discografica ha deciso di farlo uscire senza troppo stress.
Mi piace l’intero disco ma c’è una canzone che adoro, è “I’ve been building”, puoi parlarmene un po’?
Avevo molti concerti in programma e una nuova etichetta discografica, stavo suonando molto. Avevamo appena comprato una casa molto vecchia e il giorno dell’ultimo concerto di quel tour la mia ragazza mi ha chiamato e mi ha detto che era incinta. Avevo prenotato due tour dopo di quello, ma quando sono tornato mi sono reso conto che avevo un bambino in arrivo e che la casa era senza acqua e senza elettricità. Quindi avevo molto lavoro da fare e la musica è stata messa da parte per molti anni, circa tre, credo. Quella canzone parla di quello, di smettere con la musica e concentrarsi solo sulla casa, ma poi anche di provare a tornare alla musica stessa, trovando di nuovo l’ispirazione. Quindi, sì, è molto importante.
Chi è questa donna di Tarnava di cui canti?
È come un mix di tutte le donne che ho incontrato, di tutte quelle persone che sono venute in Svezia. Ci sono così tante storie strazianti sugli immigrati. Per me è stato come radunare in una canzone tutte le storie di una delle città più povere della Romania. Incontro sempre persone immigrate e parlo con loro qui in Svezia, ho dovuto perciò scrivere una canzone che li riguarda.