La nuova ondata di contagi che tocca anche la Cina preoccupa imprenditori ed economisti in occidente. Potrebbe infatti essere un nuovo intralcio significativo al funzionamento delle supply chain – le catene di fornitura di materie prime, componenti, semilavorati e beni di consumo – che frena la ripresa mondiale e rischia di alimentare l'inflazione.
Sotto stretta osservazione sono in particolare, spiega il New York Times di lunedì 17 gennaio, i recenti provvedimenti delle autorità cinesi di tolleranza zero verso i nuovi contagi da Omicron, con lockdown imposti a intere città di decine milioni di abitanti dove al primo allarme di pochi casi viene imposto una vera reclusione nelle proprie case agli abitanti.
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Negli Stati Uniti, spiega il quotidiano, il tempo necessario per la consegna dei prodotti spediti dalla Cina arriva ora a 113 giorni, rispetto ai meno di 50 del 2019.
Anche le supply chain domestiche comunque, dice il Nyt, rimangono fragili. Le imprese di trasporti su gomma e i magazzini di logistica continuano ad avere insufficienza di manodopera a causa dei contagi e delle quarantene e le difficoltà si manifestano in vuoti negli scaffali dei supermercati.
La combinazione fra le interruzioni delle attività nelle fabbriche, nei porti e nei magazzini in tutto il mondo, e la crescita della domanda di beni di consumo da parte dei consumatori americani ed europei, ha inferto un duro colpo all'efficienza del sistema di distribuzione internazionale. I prezzi dei trasporti sono aumentati notevolmente, in molti magazzini si accumulano scorte che non si riesce a spedire, mentre altre parti delle supply chain soffrono di una cronica mancanza di componenti.
In questo quadro, una nuova serie di lockdown nelle aree industriali della Cina potrebbe avere un effetto davvero pesante sulle economie occidentali