Ieri, 11 maggio, per la prima volta dall’inizio della pandemia la Corea del Nord ha ammesso ufficialmente la presenza di contagi da coronavirus. Fino a questo momento infatti il paese, guidato dal dittatore Kim Jong Un, aveva sempre sostenuto che la pandemia non fosse mai arrivata nel paese, un’ipotesi ritenuta improbabile da osservatori e analisti, nonostante la rigida chiusura dei confini attuata sin dai primi casi a Wuhan.
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Ora tuttavia, scrive Il Post, la Corea del Nord ha parlato di un focolaio sviluppatosi nella capitale Pyongyang e riconducibile alla variante Omicron, a cui il governo avrebbe risposto con un rigido lockdown. Se dovesse diffondersi il virus, il paese rischierebbe una grave emergenza: stremata dalla carenza di alimenti, carburante e fertilizzanti dovuta alla chiusura dei confini con la Cina, unico grande partner commerciale della dittatura, la Corea del Nord non ha ancora cominciato la campagna vaccinale per i suoi 25 milioni di abitanti, rifiutando spesso aiuti in arrivo dall’estero.