
Perché Diego Maradona trascende il calcio
Una storia che valica i confini dello sport e diventa mito, come Muhammad Ali
Se amate il calcio e pensate che il calcio sia davvero un pezzo fondamentale della vostra vita, capite di cosa si parla quando si parla di Maradona e, ora, della sua morte.
Trascendere se stessi e lo sport
Maradona è stato il più grande proprio perché la sua storia è una delle poche storie il cui immaginario ha saputo andare ben oltre i confini della propria attività, entrando nel cuore e nei nervi di una parte del pianeta, una parte così ben rappresentata dall’Argentina e da Napoli. Forse solo Muhammad Ali (1946-2016) è stato un fenomeno sportivo con la stessa forza: trascendere se stessi e la propria parabola umana per diventare un mito.
Il riscatto dei poveri
Sintetizza Enrico Deaglio su Domani: “È stata l’unica vittoria del sud del mondo, quello che non vinceva mai, e che non vincerà mai. È stata una delle più grandi utopie del Novecento, il riscatto dei poveri, il sogno momentaneamente realizzato di un’Argentina lontana e solitaria. E di Napoli, la città alla quale è stato l’unico a dare la felicità”.
Contro i potenti
“Perché lui – scrive su Repubblica Emanuela Audisio – era sempre pronto a scatenare guerre: contro chi comandava, contro chi stava in alto, contro i potenti. Nessuno zittiva Maradona, né allo stadio né fuori”. E ancora: “E soprattutto è stato l’unico giocatore nel mondiale a pareggiare una guerra con un gol che ha fatto invecchiare l’Inghilterra e con un altro di rapina che ha riscattato l’Argentina dalla perdita delle Isole Falkland/Malvinas. Ha fatto più male lui alla signora Thatcher che non i laburisti o il sindacato dei minatori”.
Così umano
Naturalmente non era un mito senza ambiguità e contraddizioni, cadute di stile e volgarità. Ma proprio questo ha contribuito a renderlo così vicino, così popolare, così riconoscibile, così umano. Come ha detto Ciro Ferrara, ex calciatore e compagno di Maradona nel Napoli, a Maurizio Crosetti (Repubblica, 26 novembre 2020): “L’ho stimato, l’ho conosciuto come pochi ma amato come tantissimi: era impossibile non farlo. Per la sua profonda, straripante umanità. Per la vicinanza con tutti. Era un dio, ma nessuno è stato più umano di lui”.
(Questo articolo è stato pubblicato la prima volta il 26 novembre 2020)