
Recovery plan, perché contano gli investimenti
Favorire lo sviluppo del paese: le strategie per spendere i fondi europei
Il Piano nazionale di recupero e resilienza (Pnrr) è tornato all’ordine del giorno sia perché su di esso è in corso un dibattito politico molto importante e si è avviata una crisi di governo, sia, soprattutto, perché si avvicina il momento nel quale l’Italia dovrà presentare il piano all’Europa.
Perché questo piano è quel che serve per ottenere i fondi – circa 220 miliardi di euro – destinati all’Italia del Next Gen Eu, il maxi programma dell’Unione europea per favorire la rinascita dell’economia e della società colpita duramente dalla pandemia.
Investimenti
Del Pnrr approvato dal consiglio dei ministri il 12 gennaio abbiamo già parlato in sintesi.
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No alla spesa corrente
In primo luogo è necessario dimenticarsi i progetti inadeguati e quelli le “cui determinanti consistano in decontribuzione e spesa corrente che secondo una stima approssimata ammonterebbero al 40 per cento della bozza di Pnrr”.
La questione tempo
Poi andrebbero valutati i progetti in base alla distribuzione nel tempo dei loro benefici competitivi, aggiunge Paganetto. Nel caso dell’energia, per esempio, è importante considerare che se si punta sull’idrogeno, l’effetto e la ricaduta sarà nel lungo periodo e va tenuto conto che nel più breve periodo il petrolio dovrà essere sostituito dal gas metano.
Inoltre, gli investimenti in connessioni in fibra e in 5g avranno implicazioni decisive sullo sviluppo: l’impiego dei fondi del Next gen Eu dovrebbe dunque in primo luogo favorire la ricerca e lo sviluppo che “incentivino le imprese ad aumentare i loro investimenti in questa direzione”.
Progetti europei
In generale, aggiunge poi Paganetto, l’Italia dovrebbe associarsi ai progetti europei che lavorano per esempio al rinnovamento energetico e l’impiego del digitale sulla mobilità e i trasporti, la sanità a distanza, l’internet delle cose.
Formazione
E infine, ma forse prima di tutto, saranno investimenti che devono puntare sulla scuola e la formazione, sia per i giovani, sia per chi lavora in settori colpiti duramente dalla crisi e per i quali sarà necessaria una revisione delle competenze.