
Riduzione del numero dei parlamentari: che cosa significa
Insidiosa erosione della democrazia rappresentativa
Con una soddisfazione ostentata da parte di Luigi Di Maio, il Senato ha approvato l'11 luglio, in seconda lettura, la legge costituzionale che riduce il numero di parlamentari: 180 favorevoli, 50 contrari, zero astenuti.
– la Camera passerà da 630 a 400 deputati; – Il Senato da 315 a 200.
– LEGGI ANCHE: Riduzione del numero dei parlamentari: cosa prevede la riforma
Il (possibile) referendum per confermare
La Costituzione prevede che una legge costituzionale che non venga approvata dalle Camere con i due terzi deve essere sottoposta a un referendum se ne fanno richiesta un quinto dei membri di una Camera, oppure 500mila elettori o cinque Consigli regionali: qualcuno si faccia avanti, dunque.
Attacco alla democrazia rappresentativa
La seconda considerazione: la riforma avrà un effetto negativo sulla democrazia italiana. Perché aggredisce il senso e il valore della democrazia rappresentativa. Come scrive Alessandro De Angelis su "Huffingnton Post":
L'effetto sarà un Parlamento meno rappresentativo e una "democrazia più debole e, come si ama dire oggi, più 'disintermediata', tra leader e popolo. È questo il grimaldello populista, nell’illusione della democrazia diretta. Perché è evidente che si riduce, e non poco il rapporto tra eletti ed elettori, rendendolo meno diretto. Con questa riforma viene enormemente dilatato lo spazio dei collegi elettorali, per cui ogni deputato rappresenterebbe oltre 400.000 abitanti e ogni senatore oltre 800.000. Sono numeri che allentano il rapporto eletti-elettori, che impattano sulla capacità effettiva di presenza nel territorio, sull’esercizio della funzione rappresentativa, sulla possibilità di fare campagne elettorali, in epoca in cui non c’è più il finanziamento pubblico". Il risultato sarà anche un potere ancora più forte delle segreterie dei partiti sui "rappresentanti" degli elettori.
Inoltre, il sistema elettorale verrebbe distorto in senso ulteriormente maggioritario: per eleggere meno parlamentari in collegi più grandi servono più voti. Se la soglia nominale per eleggere un parlamentare resta al 3%, nei collegi plurinominali del Senato, "in Piemonte e Veneto la soglia implicita sarebbe dell’11 per cento, in Friuli del 25, in Liguria del 33, in Toscana del 14, in Umbria del 25, nelle Marche del 33, In Abruzzo e Sardegna del 33, in Basilicata e Calabria del 25. Nei collegi uninominali, dove chi arriva primo vince, solo i partiti che prendono più del 20 per cento avranno eletti".
Il che, insieme al Referendum propositivo già approvato una volta alla Camera, smonta la democrazia parlamentare disegnata dalla Costituzione e dai sistemi politici liberali.
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Cfr.: "La controriforma populista", "Huffington Post"
Cfr: "Lega e M5s cambiano la Costituzione. Che fine hanno fatto Zagrebelsky & co?", "Il Foglio".
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Foto: Luigi Di Maio, Fotogramma