
AstraZeneca: il vaccino anti Covid nel mirino degli hacker
Dati e informazioni “attaccati” dalla Corea del Nord, ma senza successo
Che i progetti delle aziende e delle persone impegnate nello sviluppo dei vaccini per la Covid-19 siano nel mirino di collettivi hacker russi e nordcoreani, legati ai rispettivi governi, era cosa nota da tempo e rilevata, tra le altre, da Microsoft.
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Ma che uno specifico vaccino in fase 3 - quello “di Oxford”, prodotto da AstraZeneca (al centro di una revisione per le disomogeneità sull’efficacia recentemente emersa e collegata al “dosaggio”) - abbia avuto comporvati problemi con un gruppo identificato a livello informatico è una novità assoluta.
Come detto, sin dall’inizio dello sviluppo dei vari vaccini anti-Covid hacker e cracker dei Paesi orientali hanno cercato di impossessarsi di informazioni preziose, con Donald Trump a lanciare le prime accuse (per poi “virare” sulla campagna elettorale, non esattamente vincente) e l’Ue in allerta, ancor di più dopo la notizia sul siero di AstraZeneca.
È indubbio, infatti, che l’obiettivo – fallito – fosse entrare in possesso delle informazioni tecniche e dei dati sull’antidoto sviluppato - come dichiarato pubblicamente sin da marzo - dalla prestigiosa università britannica e dalla multinazionale farmaceutica anglo-svedese con la partecipazione dell’italiana IRBM di Pomezia.
Questo tipo di dati e informazioni in questo momento storico, con la pandemia che non accenna a fermarsi, avrebbe un valore inestimabile sotto due aspetti: da un lato quello prettamente economico (comunque non così rilevante per i colossi farmaceutici); dall’altro a livello politico e “geopolitico” nella corsa alla soluzione definitiva per la Covid.
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In questo senso, il coinvolgimento diretto della Corea del Nord non sorprende, e il fatto che i diversi tentativi siano andati a vuoto fa parte della logica delle cose. Tecnicamente, ad ogni modo, gli escamotage per perpetrare gli attacchi sono tanto banali quanto comuni, anche per i privati cittadini.
I collettivi nordcoreani, nonostante le smentite di rito arrivate da Pyongyang, avrebbero infatti tentato di mettersi in contatto con i ricercatori e i dirigenti di AstraZeneca via WhatsApp e LinkedIn, utilizzando file che a prima vista contenevano semplici cv con l’aggiunta, però, di malware e trojan in modo da “impossessarsi” dei loro PC.
Non è un caso, però, che la società e tutto il team coinvolto nello sviluppo del vaccino avessero da tempo adottato misure di sicurezza informatica tali da sventare quasi sul nascere simili attacchi, rinforzando in modo "importante" la protezione di informazioni e dati nel merito.
Esattamente come non sarebbe per nulla strano se altre aziende occidentali, impegnate nella ricerca del vaccino per la Covid-19, denunceranno di aver “respinto” hacker provenienti da altri Paesi in futuro.