
Perché Huawei ha venduto il brand Honor
Il colosso di Shenzhen prova a “smarcare” i dispositivi Honor dal ban Usa. Ecco come
Dopo settimane di indiscrezioni, il colosso cinese della tecnologia Huawei ha annunciato ufficialmente di aver venduto il brand Honor, marchio della società utilizzato per produrre smartphone rivolti a utenti più giovani e con “portafoglio” limitato.
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Ad operazione finalizzata, Huawei cederà tutte le sue quote uscendo completamente dalla gestione del marchio Honor. Le ragioni che hanno spinto il colosso di Shenzhen a vendere il marchio sono dovute al ban imposto dagli Stati Uniti, rendendo il passaggio obbligato pena crollo della stessa Huawei.
Che, in questo modo, oltre a ricevere circa 15 miliardi di dollari (cifra da confermare) avrà modo di “liberare” Honor che, in teoria, dovrebbe poter acquistare la componentistica prodotta da Qualcomm, vietata per Huawei dopo il ban statunitense.
Tuttavia, i primi riguardano proprio il ban. Per comprendere cosa potrà e non potrà fare il brand sotto la nuova proprietà risulta decisivo capire come intende muoversi l’amministrazione Usa, prossima peraltro al passaggio di consegne dopo la vittoria del candidato democratico Joe Biden nelle presidenziali dello scorso 3 novembre.
Huawei, invece, rifiata ma non del tutto, con i chip sviluppati dal colosso cinese (Kirin) che, almeno fino al passaggio di consegne tra Trump e Biden, non potranno essere prodotti da aziende che per farlo utilizzino sistemi tecnologici “made in Usa”, al pari dei servizi Google rimasti ovviamente fuori dalla questione.
Per ora, di conseguenza, il gigante di Shenzhen avrà benefici immediati solo per le proprie casse, tra i ricavi della cessione e la conseguente riduzione delle spese per i progetti del brand Honor, con la speranza che la “guerra commerciale” tra Stati Uniti e Cina conosca una svolta una volta dopo che Trump, il 20 gennaio, lascerà il posto alla nuova amministrazione statunitense. Difficile ma non impossibile.